5 luglio 1982. Era di lunedì. Quel giorno Vito, i suoi amici e altrettante amiche, partirono in lambretta - che all'epoca era già moto d'epoca - a fare un giro per i passi del Trentino, l'obiettivo esplicito era "fare" il passo Manghen. Se fosse avanzato del tempo, i motociclisti avrebbero affrontato qualche altra salita impervia prima di scendere a casa, nel tardo pomeriggio, in tempo utile per arrivare a casa mia e collegarsi con il mitico Nando Martellini e la telecronaca di Italia-Brasile. La vincente avrebbe avuto accesso alla semifinale, e poi chissà...
Io dunque li aspettavo a casa, ripassando gli appunti di glottologia, con il timore che non tornassero in tempo.
Il 5 luglio 1982, Vito, sotto al giubbotto da motociclista, guidava la sua lambretta lungo i tornanti del passo Manghen indossando una maglietta preparata da sua madre, con lo scudetto tricolore cucito sul cuore e il numero 20 sulla schiena; per evitare qualsiasi equivoco, Anna aveva impresso sulla maglietta anche il cognome a caratteri maiuscoli di quell'attaccante che fino a quel momento non aveva messo in mostra il suo reale potenziale: R O S S I . Già settimane prima del Mundial, molti avevano manifestato forti perplessità sul valore di quella convocazione. Ma la fede di Enzo Bearzot, tecnico dalla mente aperta e conoscitore di uomini, non vacillava, nonostante il vento contrario di gran parte dell'opinione pubblica calcistica. E così, contro il Brasile, allo stadio Sarrià di Barcellona, Paolo Rossi sarebbe ancora partito dal primo minuto.
Prima della partita molti di noi erano rassegnati alla sconfitta, qualche giorno prima c'era già andata bene eliminando l'Argentina di Maradona, figuriamoci se noi sfigati italiani possiamo contare sul doppio colpo di fortuna.
Vito ed i suoi amici arrivarono in tempo.
Per molti di noi il Brasile di Zico, Falcao, Socrates era una montagna troppo ripida da scalare, ma non così la pensava il nostro lambrettista che entrò baldanzoso nel salottino di casa mia con la maglietta di Anna e ripetendo convinto una previsione che parve subito pazzesca: "Oggi Paolo Rossi fa tre gol!"
Sappiamo tutti come andò. Paolo Rossi al 5' del primo tempo siglò di testa su cross di Antonio Cabrini, pareggiò Socrates su assist di Zico; alimentato dalla fede di Vito, al 25' del primo tempo, Paolo Rossi intercettò un passaggio orizzontale di Junior e andò a realizzare il 2-1, risultato finale del primo tempo. L'Italia subì il ritorno del Brasile nel secondo tempo, al 23' del secondo tempo, con un gran tiro dal limite di Falcao.
Con il 2-2 si tornava a casa.
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Ma a quel punto tutti noi eravamo passati - piuttosto velocemente - dallo stato agnostico a quello di fervidi credenti: Vito era la divinità che aveva trascinato tutti a pensare che Paolo Rossi avrebbe portato di nuovo l'Italia in vantaggio. E fu così! Al 33' del secondo tempo, Paolo Rossi uscì dalla terra, nell'unico metro quadrato dell'area avversaria non presidiato dai difensori brasiliani, e cacciò in rete il terzo goal. 3-2!!!! Esplose la gioia nel salottino di casa mia. Vito fu sommerso da abbracci e manate di gioia. L'Italia avrebbe sbaragliato la Polonia tre giorni dopo (2-0 con doppietta di Paolo Rossi), e la domenica successiva avrebbe messo sotto anche la Germania con una prestazione da Campioni del Mondo (3-1 con primo goal di Paolo Rossi).
Dal 5 all'11 luglio del 1982 tutti noi abbiamo assistito alla settimana dei miracoli. Come spesso succede nel calcio, le cose cambiano molto velocemente: in meno di una settimana Paolo Rossi si era trasformato in attaccante decisivo e vincente. Lo sappiamo bene. E' il bello del calcio: la sua magia e la sua imprevedibilità non sempre premia i migliori, ma da sempre accompagna e realizza le imprese di chi ha fede e desiderio di conquistarsi e regalare un pezzetto di felicità.
Io, che secoli fa ero un calciatore di serie D, mi sono ispirato al suo modo di giocare, alla sua capacità di smarcarsi, di nascondersi e di sbucare fuori all'improvviso, sorprendendo la difesa avversaria.
Forse Bearzot - e Vito - avevano capito anche la dimensione extracalcistica di questo attaccante incredibile. Paolo Rossi è stato un grande calciatore, e anche un uomo umile, simpatico e disponibile. Mi piace ripetere quanto ha detto uno dei suoi compagni di avventura, Fulvio Collovati, "con i suoi goal, mi ha fatto diventare Campione del Mondo". Sì. Siamo stati Campioni del Mondo grazie a Paolo Rossi, che con la sua umiltà e forza interiore, ha dimostrato che possiamo essere campioni, che ce la possiamo fare.
E sicuramente ci ha insegnato che si può sognare, che si può provare, che si può credere.
Grazie, Pablito. Riposa in pace.
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