Credo che questa quaresima 2020 ce la ricorderemo a lungo e cambierà in modo significativo il nostro rapporto col lavoro che svolgiamo (la professione migliore di tutte, come disse il mio prof di latino e greco alla festa del suo pensionamento, circondato da centinaia di ex alunni). Quaranta giorni di ‘digiuno scolastico’, così, a metà anno e scoppiati come un fulmine a ciel sereno, dall’oggi al domani, senza alcuna preparazione, non si erano mai visti. E lasceranno un segno. Lo stanno lasciando già.
I corridoi e le aule deserte, le palestre silenziose e i registri immacolati urlano. Ci chiamano a un cambiamento, a una conversione. Ci tentano, anche.
Una prima tentazione è l’illusione del potere della tecnologia: ci sono le app, le TIC, le aule virtuali, ci ripetiamo come un mantra. E pensiamo che in fondo si tratta solo di cambiare modalità di lavoro, e mettiamo alla prova quello che abbiamo forse sempre pensato, magari sognato anche: una scuola al passo con la rivoluzione digitale, finalmente. Salvo scoprirci completamente impreparati, con le armi spuntate, deboli… E ci dobbiamo mettere a studiare, a imparare.
Una seconda tentazione, sottile, è il pensiero che finalmente potremo lavorare sui contenuti, studiare, trasmettere ‘conoscenze’ senza lo stress, la fatica, della gestione della classe, delle questioni organizzative, delle carte, della ‘burocrazia’ scolastica. Lo pensavo proprio qualche ora fa, mentre registravo una interessantissimavideolezione su come scrivere bene un testo argomentativo. Ero da solo, tranquillo nel mio studio, davanti al mio computer. Nessuno mi interrompeva, nessuno alzava la mano per chiedere di andare in bagno o sgranocchiava di nascosto una merendina. Allora si è accesa una luce: la grande bellezza del nostro lavoro non sta nei contenuti disciplinari, nelle conoscenze, ma nelle relazioni, anche quelle difficili. È questo che ci manca in questi giorni. Con una punta di orgoglio lo possiamo dire: siamo insostituibili. “Non esiste una professione di maggiore privilegio” scriveva il recentemente scomparso G. Steiner. “Risvegliare in un altro essere umano forze e sogni superiori alle proprie; indurre in altri l’amore per quello che amiamo; fare del proprio intimo presente il loro futuro: è una triplice avventura senza pari (…). Nessun mezzo meccanico, per quanto rapido, nessun materialismo, per quanto trionfante, può cancellare il nuovo giorno che viviamo quando abbiamo compreso un maestro”. Così scriveva Steiner nella postfazione di La lezione dei maestri. Forse quando sarà tutto finito ci lamenteremo di meno.
E una terza tentazione, serpeggiante e subdola. Il cinismo. Sai cosa? Tutto è confuso, la politica non ci aiuta, le decisioni sono sbagliate, chi ci guida non è in grado di affrontare l’emergenza, non abbiamo gli strumenti, siamo italiani e in quanto tali incapaci di risolvere i problemi e bla bla bla.
E allora sai che ti dico: faccio le provviste, mi chiudo in casa, carico un po’ di esercizi sul registro elettronico e attacco le serie tv. Ci vediamo il 3 aprile (che poi sarà a Pasqua… o forse il 25 aprile…1 maggio…estate)
Speriamo di emergere da questo deserto più forti, convinti e preparati di quando ci siamo entrati…
Grazie, caro Guido, per questa profonda riflessione. "La grande bellezza del nostro lavoro sta nelle relazioni, anche quelle difficili". Cerchiamo di mantenerle vive con gli strumenti che abbiamo a disposizione, prestando attenzione a che mai gli strumenti stiano davanti alle persone.